Edison, parla Benayoun: "Più gas al Sud. L'Italia cuore della strategia europea di Edf" - "Repubblica" 13 novembre 2017

Benayoun

La Repubblica - 13 Novembre 2017

L’AD DI EDISON SPIEGA LE STRATEGIE DI FORO BONAPARTE: “SIAMO PARTE DI UN PROGETTO IN CUI ABBIAMO IL COMPITO DI GESTIRE E SVILUPPARE STRATEGIE E COMPETENZE PER IL COMPARTO PER TUTTO IL GRUPPO”. I PIANI SUL MERCATO RETAIL.

Marc Benayoun è AD di Edison dal gennaio del 2016. È un manager francese che guida una società controllata dai francesi di Edf, padroni a Foro Bonaparte, luogo storico del capitalismo italiano dove hanno comandato per anni Cefis, Schimbemi, Gardini. Impossibile non pensare alle analogie con Tim/Vivendi. Ma se gli si chiede se si sente un invasore, la risposta di Benayoun, che padroneggia un perfetto italiano, è netta: «No, certo, non sono un invasore. La partita tra Italia e Francia è stata polarizzata in maniera eccessiva». Ma la realtà è diversa. Roma e Parigi hanno più cose che le uniscono che cose che le dividono. E per quanto ci riguarda la risposta è nei fatti. E ora le racconto il primo».

Ci dica
«L'interscambio commerciale è favorevole all'Italia. Nel 2016 Parigi aveva uno sbilancio di 6 miliardi di euro, dovuto all'import di prodotti italiani. Quindi gli invasori, dico scherzosamente, siete voi, grazie alla forza dei vostri prodotti specialmente nel settore del lusso e della meccanica di precisione».

E ce n'è un secondo?
«Certamente. Edf ha scelto Edison come cervello strategico e operativo per tutte le acquisizioni di gas del gruppo, riconoscendo la competenza e la capacità della società italiana. La politica del gas la facciamo qui a Milano. Su tremila dipendenti, solo 16 sono francesi. Direi che non è una strategia da invasore, no?».

Monsieur Benayoun, le energie rinnovabili continuano a crescere e il mondo si avvia a un futuro tutto elettrico. Ma la transizione energetica sarà ancora lunga e il tempo degli idrocarburi non sembra proprio finito. Come dimostra la ripresa dei prezzi del petrolio sopra i 60 dollari: lei come se lo spiega?
«La ripresa delle quotazioni sono dovute sia ai tagli delle quote sia all’aumento della produttività da parte delle oil company. Hanno lavorato bene sulla riduzione dei costi e sull’efficienza per continuare a portare utili agli azionisti. Ora il settore è più robusto e con il prezzo tornato sopra i 60 dollari una serie di giacimenti sono tornati a essere redditizi. Cosa può succedere prossimamente? Con le tensioni geopolitiche di cui è preda il medioriente è veramente difficile fare previsioni. Mentre è certo l’impegno dei paesi del G20 per la riduzione dalla dipendenza dagli idrocarburi: nei prossimi anni la domanda di petrolio nei paesi occidentali tenderà a calare, meno in quelli emergenti, con la domanda di energia che sarà sempre più coperta dal gas e dalle rinnovabili e si affermerà la mobilità elettrica».

Perché è così convinto che il gas abbia ancora un futuro, quando tutti – comprese le grandi oil company – stanno investendo nelle rinnovabili?
«Perché è nettamente meno inquinante e perché la flessibilità delle centrali a ciclo combinato si sposa perfettamente con l’intermittenza tipica delle rinnovabili. Il gas naturale garantisce più sicurezza nella produzione di energia e contribuisce alla decarbonizzazione del pianeta. Il gas ha un futuro anche nel campo della mobi-lità, da utilizzare come alternativa all’auto elettrica».

Lei sostiene che le nazioni occidentali siano sempre più decise a combattere il climate change e limitare le emissioni di CO2. Il risultato non verrà inficiato dalle scelte politiche del presidente Usa Donald Trump che sembra andare in direzione opposta?
«Dal punto di vista diplomatico è sicuramente un passo indietro. Ma ci sono molti Stati – e non solo la California – che stanno andando in direzione opposta. Allo stesso modo, le imprese hanno già espresso la loro preferenza verso l’efficienza energetica e le nuove fonti di energia. Persino le grandi compagnie petrolifere stanno diversificando i propri investimenti nel settore energia verso l’eolico e il solare».

Anche in Europa non mancano le contraddizioni: la Germania ha scelto di uscire in anticipo dal nucleare e ha puntato sulle rinnovabili. Ma nel frattempo è la nazione in Europa che elargisce più sussidi statali al carbone, ancora ampiamente usto per la produzione di elettricità.
«La decisione di uscire dal nucleare in Germania è stata forse troppo emotiva, presa sull’onda dell’incidente di Fukushima. Ma la direzione che il governo Merkel ha preso a suo tempo è quella giusta: nell’eolico sono cresciuti tantissimo. Semmai la contraddizione che vedo è di tipo infrastrutturale: ora hanno il problema di portare la gran quantità di energia dal vento prodotta nel Mare del Nord nelle regioni meridionali ma la rete attuale non è sufficiente e dovranno intervenire. Ma questo è un sintomo del successo della transizione energetica ».

L’Italia, avendo deciso di uscire dal nucleare fin da gli anni ’80 non ha questo problema. Da questo punto di vista è avvantaggiata sulla strada della transizione energetica che prevede la convivenza di gas e rinnovabili. Edison che ruolo vuole giocare?
«L’Italia è un paese molto importante per il mercato del gas nella Ue. I consumi sono tornati verso i 70 miliardi di metri cubi all’anno e sono il terzo paese per consumi, dopo essere stati a lungo anche il secondo. Inoltre, ha infrastrutture importanti grazie alla rete di gasdotti e ai suoi rigassificatori che le consentono di essere ben approvvigionata. Ha una leadership grazie a società come Snam che ha rilevato reti importanti in Europa, Francia compresa. Edison vuole contribuire a mantenere elevato il livello della diversificazione negli approvvigionamenti: è importante che il gas arrivi in Italia da più fornitori e attraverso più canali. Così da non rimanere scoperti se un contratto non dovesse venire rinnovato o per cause geopolitiche, tenendo conto quanto sta accadendo in Medioriente o in Libia. Incrementare le infrastrutture esistenti aumenterebbe la sicurezza degli approvvigionamenti».

Un nuovo gasdotto, il Tap che approderà sulle coste del Salento, è in fase di realizzazione. Occorrono altri rigassificatori oltre i tre già in attività?
«Tre potrebbero non essere sufficienti. Una maggiore disponibilità di infrastrutture non garantisce solo al sicurezza della fornitura ma aiuta a tenere i prezzi più bassi. Per questo anche Edison vuole fare la sua parte: abbiamo rilevato il contratto di fornitura del gas che arriverà attraverso il Tap da Gas Natural e lavoriamo per il progetto Poseidon, il gasdotto che approderà sulle coste della Puglia a Otranto».

Si tratta del progetto collegato al Turkish Stream a cui sta lavorando Gazprom? Se ne parla da anni ma sempre sulla carta.
«Non è stata ancora presa la decisione finale per l’investimento, ma potrebbe arrivare entro un paio di anni. Il progetto prevede di costruire un gasdotto che attraversa la Grecia collegandosi all’infrastruttura che porterà il gas russo sulle coste europee della Turchia ».

Ma Putin è un alleato «energetico » affidabile?
«Occorre premettere che noi dialoghiamo con Gazprom, la quale con l’Europa si è sempre comportata come un fornitore affidabile di lungo periodo fin dagli anni ’70 e ha sempre rispettato tutti i contratti. Con Poseidon stiamo parlando di forniture per 12-15 miliardi di metri cubi all’anno, su un totale di gas in arrivo dalla Russia in Europa pari a 200 miliardi di metri cubi: l’Italia potrebbe aggiungere ulteriore capacità per il suo ruolo di hub del gas per tutto il sud Europa».

E’ per questo che vete deciso di fare di Edison la gas company per tutto il gruppo Edf? E in cosa consiste?
«Da Milano verranno gestiti tutti i contratti di fornitura e tutti i progetti per le infrastrutture dedicati al gas del gruppo Edf, compreso il rigassificatore di Dunkerque. Ci sembra un giusto riconoscimento alle professionalità che da anni si sono sviluppate all’interno di Edison ».

Il gruppo Enel ha deciso di puntare sul business dell’auto elettrica e sta realizzando una rete di colonnine per la ricarica in tutta Italia? Siete interessati anche voi?
«No, è un progetto che può interessare chi ha sviluppato il business delle attività regolata, come Enel o come le utility locali che gestiscono le reti di distribuzione. I nostri obiettivi di crescita sono dedicati al cliente retail, cui offrire i nuovi servizi legati allo sviluppo delle rinnovabili. Calcoliamo che ci potrebbero essere tra i 3 e i 10 milioni di possibili clienti che hanno pannelli fotovoltaici e che potrebbero essere interessati a gestire al meglio l’energia prodotta, grazie all’installazione di batterie. Ma è solo uno dei servizi a cui stiamo pensando: nei prossimi anni non ci sarà bisogno di quote di energia in aggiunta, perché i consumi andranno a stabilizzarsi. Occorre che l’energia prodotta sia più efficiente e non venga sprecata ».

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