Le possibili fonti di energie rinnovabili includono i complessi proteici responsabili della fotosintesi. Tuttavia, la loro efficienza nelle applicazioni tecniche lascia ancora a desiderare. Ad esempio, non possono convertire la luce verde in energia. Un team di ricerca della Ruhr-Universität Bochum (RUB) e dell'Israel Institute of Technology di Haifa potrebbe però aver trovato la soluzione. Lo ha fatto aprendo a una nuova generazione di celle solari bio, con un contributo al fotovoltaico organico pubblicato a maggio sul Journal of Materials Chemistry.

Le celle solari bio rappresentano infatti un concetto innovativo per convertire la luce solare in energia elettrica.

Alla base ci sono i cosiddetti fotosistemi, grandi complessi proteici che sono responsabili della conversione di energia in piante, alghe e cianobatteri. Il fotosistema II (PSII) è l'unico enzima che catalizza l'ossidazione dell'acqua indotta dalla luce ma lo spettro di assorbimento di PSII ne limita l'efficienza, perché permette di usare solo una parte della luce solare. Non vale per tutti però: i cianobatteri hanno risolto il problema formando speciali proteine di raccolta della luce, come ad esempio i ficobilisomi, che sfruttano anche questa luce. Una cooperazione che funziona in natura, ma non ancora nella provetta. Almeno finora. Perché a questo punto irrompe lo studio condotto tra Bochum e Haifa.

I due team di ricerca hanno infatti creato e stabilizzato un super complesso multi-proteico di PSII e ficobilisomi. Come secondo passo, hanno inserito il complesso in nuove strutture di bioelettrodi. Questo design ha consentito ai ricercatori di utilizzare anche i fotoni della lunghezza d’onda compresa tra 500 e 600 nm (luce verde).

Questo assemblaggio e la possibilità di combinare in sistemi semi-artificiali i vantaggi di diverse specie, potranno portare a un ulteriore sviluppo delle celle solari bio. E il prossimo step dei ricercatori sarà quello di studiare l’ottimizzazione della produzione e della durata dei componenti biologici.