Una città non è intelligente se i cittadini non partecipano alla costruzione delle scelte. Una smart city non è tale se l’eccesso di tecnologie e connettività produce dei “mostri”. Parola di Stefano Boeri. Il 61enne architetto, urbanista e politico milanese, racconta qual è il primo passo da affrontare per ambire allo status di “città intelligente”.

“Mio padre era un neurologo – racconta Boeri - e aveva individuato la categoria degli ‘imbecilli superiori’. Ovvero: tipi di intelligenza che sono estremamente approfonditi e sviluppano una vera e propria specializzazione cognitiva, ma che però sono incapaci di avere una visione orizzontale, laterale, interattiva.   
 

‘Smart’ per una città vuol dire anche il rischio che un eccesso di tecnologie e a volte di connettività possa produrre dei veri e propri mostri. L'intelligenza collettiva non per forza deve essere delegata alle nuove tecnologie o alle tecnologie immateriali”.

L’elemento chiave è l’inclusione. “Una città intelligente è una città in cui i cittadini decidono. È molto semplice. Abbiamo ragionato molte volte sul concetto di partecipazione – aggiunge Boeri, progettista del ‘Bosco verticale’ di Milano, della Villa Méditerranée a Marsiglia e della Casa del Futuro presentata di recente ad Amatrice - ma molto spesso questo concetto è stato declinato nella forma di un’accettazione o meno di scelte già assunte.

La democrazia deliberativa, la partecipazione alle decisioni è un'altra cosa. Quando le tecnologie dell'informazione, della connettività, permetteranno davvero una partecipazione alla costruzione delle scelte avremo la smart city”.